La causa di non punibilità prevista dall’art. 649 c.p. per i reati contro il patrimonio commessi ai danni di coniuge o di una parte dell’unione civile non si applica ai conviventi.
La causa soggettiva di esclusione della punibilità prevista per il coniugedall’art. 649 c.p., non si estende al convivente more uxorio né rileva la recente modificadell’art. 649 c.p., con l’introduzione del comma 1-bis che attiene esclusivamente alle unioni civili e non ai rapporti di mera convivenza. Non rilevano le questioni di legittimità costituzionaledell’art. 649 c.p., comma 1, censurato, in riferimento agliartt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui, a seguito della novella apportata dalD.Lgs. n. 6 del 2017, sancisce che la causa di non punibilità prevista per i delitti contro il patrimonio, operi anche a beneficio della parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso e non anche del convivente more uxorio. Non sussiste la meccanica assimilabilità tra la convivenza e il rapporto di coniugio, in quanto la prima risulta basata sulla quotidiana affectio, in qualsiasi momento revocabile e, dunque, non sempre dotata dei caratteri di certezza e di tendenziale stabilità, propri del vincolo coniugale, questi ultimi incontrovertibilmente e documentalmente riscontrabili in sede di risultanze anagrafiche, nel caso di unione qualificata.
Cass. pen. Sez. V, 12 settembre 2019, n. 37873